PRESS TO GO

Studio di comunicazione

di Cristiana Gattoni

Torino/Milano

Ti spiego perché il 1971 è stato uno degli anni più importanti nella storia della musica

Cristiana Gattoni • mag 21, 2021

Canzoni come Imagine e What's Going On. Dischi come Sticky Fingers e There’s a Riot Goin’ On. Riviste come Oz Magazine. È successo tutto nel 1971, anno che secondo molti ha cambiato il corso della musica. Vuoi saperne di più? C'è una bella docu-serie su Apple TV+

La musica può cambiare il mondo? Domanda abusata, che gli stessi artisti si sono sentiti ripetere migliaia di volte. Stavolta però c’è chi ha provato a dare una risposta netta - sì, lo ha cambiato il mondo, eccome! - e talmente articolata da richiedere una serie tv di otto episodi di quasi un’ora l’uno: stiamo parlando di 1971: L'anno in cui la musica ha cambiato tutto, disponibile su Apple TV+. Prodotta dal regista anglo-indiano Asif Kapadia e da James Gay-Rees (duo dietro ad Amy, il documentario sulla vita di Amy Winehouse vincitore dell’Oscar) e ispirata al libro 1971. L’anno d’oro del rock del giornalista britannico David Hepworth, questa docu-serie è un’opera monumentale, per la ricchezza di interventi, di rarità, di filmati d’epoca, insomma una gran quantità di materiale raccolta a sostegno di una tesi precisa: esattamente cinquant’anni fa una legione di artisti e gruppi non solo si fece portavoce di un’epoca, ma contribuì a porre le basi della società occidentale così come la conosciamo oggi. «Stavamo creando il 21mo secolo, nel 1971. Quella era l’idea», disse David Bowie durante un’intervista nel 2002. Da qui lo spunto per rileggere il 1971 come l’anno del Big Bang socio-culturale, con elementi come Tina Turner, Elton John, Sly & the Family Stone, Joni Mitchell, Aretha Franklin, Carole King, Mick Jagger, Alice Cooper e lo stesso Duca Bianco “responsabili e complici” di quella esplosiva reazione a catena.

«Credo che la musica pop rifletta lo stato in cui si trova la società», dichiarò John Lennon, seduto davanti a una finestra della villa di Tittenhurst Park ad Ascot. Era (ovviamente) il 1971, la guerra infuriava in Vietnam, i Beatles si erano sciolti da tempo e Lennon aveva appena pubblicato Imagine, album pensato come un inno al pacifismo. Quello stesso anno Marvin Gaye scalò le classifiche con What's Going On, canzone epocale che segnò la svolta del cantante dalla voce di seta, ispirato nel testo da un episodio di violenza contro gli studenti da parte della polizia. Sempre negli Usa, in quel periodo il Black Power stava portando sotto i riflettori la questione afro-americana, mentre Nixon lanciava la sua crociata contro le droghe, il “nemico pubblico numero uno”: ed ecco i Rolling Stones, che nel ’71 scandalizzarono il mondo con Brown Sugar e Sister Morphine (dall’album Sticky Fingers), mentre The Staple Singers conquistarono tutti con l’inno soul Respect Yourself (un invito ai popoli neri a rispettare se stessi e le proprie radici).

Intanto dall’altra parte dell’Atlantico, in Inghilterra, c’era in atto un cambiamento delle abitudini sessuali dei giovanissimi e Marc Bolan - frontman dei T. Rex - sfoggiava un look androgino che chi l’aveva mai visto prima un uomo con i glitter, le piume di struzzo e gli abiti da donna? Così i T. Rex fecero il botto con Hot Love, testo super sexy (che arrivò pure in Italia nella versione de I Profeti, Caldo Amore), mentre la censura inglese si scagliava con Oz Magazine, rivista considerata oscena dall’establishment. E poi ovviamente c’era Bowie, che non aveva ancora inventato Ziggy Stardust ma già stava pensando ad altro: «Eravamo stufi degli hippie, volevamo andare da un’altra parte». Nel 1971 Bowie si esibì alle 5 del mattino, quando la maggior parte del pubblico ancora dormiva, al Glastonbury Fayre: cantò Changes e la registrazione, riportata nel documentario, è da pelle d’oca. Come la maggior parte delle canzoni pubblicate in quell’anno magico, che hanno posto al centro del dibattito mondiale temi come la parità di genere, la libertà di espressione, la cultura dell’anti-violenza, le discriminazioni razziali e sessuali. E molto altro.


Articolo pubblicato su 7 - Corriere della Sera il 21 maggio 2021

Autore: Cristiana Gattoni 05 apr, 2024
Il nuovo album di Beyoncé - Cowboy Carter - è uscito. Ed è un salto verso un genere che per circa un secolo, fuori e dentro gli Stati Uniti, è stato inquadrato nello stereotipo della “musica per maschi bianchi”, tendenzialmente conservatori. Ne ho scritto sul Domenicale del Sole 24 Ore.
Nel post Covid il numero delle viaggiatrici solitarie è aumentato
Autore: Cristiana Gattoni 30 dic, 2022
Nel post-Covid il trend dei "viaggi in solitaria" è esploso. Un dato? Le ricerche online della parola chiave “solo travel” sono aumentate del 267% tra dicembre 2020 e aprile 2022. Le donne cavalcano l'onda, e l'industria del turismo prova a stare al passo.
Autore: Cristiana Gattoni 22 apr, 2022
L'industria della moda è la seconda più inquinante al mondo. E questo non è l'unico problema: molti brand (anche famosi) sono meno sostenibili di quanto dicono. Il mio articolo su Tustyle in occasione della Giornata della Terra.
Altri post
Share by: