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Studio di comunicazione

di Cristiana Gattoni

Torino/Milano

Travel shaming? No grazie

Cristiana Gattoni • set 05, 2021

Il Covid-19 ha cambiato la nostra percezione del viaggio di piacere. Una delle conseguenze è il fenomeno del travel shaming (sui social, e non solo)



Articolo pubblicato su Tustyle del 10 agosto 2021

Ho scritto questo articolo mentre mi trovavo a Creta, dove sono arrivata alla metà di luglio, munita di computer, sfruttando una delle poche cose buone che ci ha regalato la pandemia: il totale sdoganamento del lavoro da remoto. Un po’ workation (ovvero lavorare mentre si è in villeggiatura, per seguire la tendenza 2021), un po’ vacanza pura, in realtà il punto è un altro: quando ho optato per una meta estera, ho visto molti sopraccigli alzarsi in segno di disappunto: perché all’estero? Non sarebbe più sicuro restare in Italia? E se ti ammali mentre sei là? E il pass (quando ho prenotato, non era ancora “green”)? In questa selva di interrogativi e di termini stranieri, ecco che ho percepito per la prima volta il vero senso del “travel shaming”, ovvero il fatto di essere criticata, biasimata, quasi considerata un’irresponsabile, per aver concretizzato la mia voglia di viaggiare e, soprattutto, di uscire finalmente dall’Italia.

Il travel shaming - la condanna più o meno velata di chi viaggia, un sentimento che spesso si esprime e viene amplificato sui social - ha avuto il suo picco nelle fasi di lockdown duro. Tra le celebrities finite nel mirino, ad esempio, Kim Kardashian (in vacanza, mesi fa, in un’isola privata della Polinesia francese con tutta la famiglia): un’onda anomala di commenti negativi, la stessa che ha investito molti influencer in viaggio per lavoro in posti più o meno esotici. «Un fenomeno portato agli estremi a causa di una serie di nuove emozioni legate ai rischi per la salute», ha commentato Krista Thomason, professoressa di filosofia negli Stati Uniti e autrice di un libro sulla vergogna. Arrivata l’estate e la fine parziale delle restrizioni, il travel shaming però non è scomparso del tutto, come se la sua ombra faticasse a svanire davvero, nonostante viaggiare all’estero sia ufficialmente concesso (fatte salve tutte le regole e le eccezioni del caso, molti Paesi sono ancora off-limits, intendiamoci).

In un certo senso, lo dicono anche i numeri. Un’indagine di Altroconsumo ha provato a fotografare, intorno alla metà di giugno, le intenzioni di vacanza degli italiani: tra quelli che avevano deciso di partire, solo l’11% dichiarava di voler raggiungere mete estere (nel 2019, il Barometro Vacanze Ipsos-Europ Assistance raccontava di un’Italia in cui il 52% sceglieva di varcare i confini nazionali per le vacanze estive). «C’è chi ha problemi economici, ci sono gli eterni spaventati che non usciranno di casa fino alla fine della pandemia e, tra i dati significativi, è emerso pure che solo il 18% ritiene di essere ben informato sulle regole per gli spostamenti all’estero», mi hanno spiegato i curatori dell’indagine. E se in questo mix di ansia, scarsa informazione, difficoltà oggettive, c’entrasse anche in qualche modo il travel shaming? O per meglio dire: se c’entrasse quel sottile senso di vergogna (colpa?) legato al fatto di andare “lontano”, dopo mesi in cui abbiamo compilato autocertificazioni pure per fare la spesa nel comune limitrofo? Ho provato a confrontarmi sul tema con Federica Di Nardo, content creator specializzata in viaggi, bergamasca, forte di 180mila follower su Instagram: «Il Covid è come una maratona, siamo a poco più di metà, stiamo prendendo il ritmo e cercando di capire come approcciarci al viaggio in tempi di pandemia: è tutto nuovo e credo che adesso ci sia una sorta di stordimento iniziale. Sono convinta che migliorerà, ma temo che torneremo a goderci i viaggi “come una volta” non prima del 2022». Quanto alla comunicazione dei viaggi sui social, anche qui la situazione è in evoluzione: «Fino a maggio, ho scelto di non viaggiare, anche se avrei potuto farlo: una scelta dettata in parte dal fatto di provenire dalla città “simbolo” dell’Italia che ha sofferto. Altri colleghi, al contrario, hanno viaggiato: due approcci diversi, entrambi da non condannare. Adesso però, con il ciclo di vaccinazioni completato, ho deciso di ripartire per l’estero: prossime mete Slovenia e Grecia. La mia community? Mi rispecchia e mi approva, e noto che nelle persone c’è tanta voglia di “vedere” i viaggi e di prendere appunti per il futuro». Poi certo, i commenti negativi possono sempre arrivare, ma quando nascono da frustrazioni personali, c’è poco da fare (o da restarci male).


«Viaggiare non è solo una questione di divertimento. Il viaggio è una parte necessaria della nostra formazione, per tutta la vita», spiega Andrew Salomon, scrittore e professore di Psicologia Clinica alla Columbia University, in un articolo dal titolo Viaggiare potrà essere ancora divertente? apparso sul New York Times. Quando sono arrivata a Creta, dopo aver presentato tutta la documentazione richiesta (sì, è vero, è necessario stare attenti e informarsi, non basta più presentarsi in aeroporto con la carta d’imbarco) e con la sicurezza di due dosi di vaccino, ho detto al proprietario della casa che molti italiani ancora non se la sentono di andare all’estero.

«Bisogna vaccinarsi e imparare a convivere con la pandemia. Solo così ricominceremo a goderci la vita».

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